Di Salvo Barbagallo
C’è una “frenata” sull’argomento “terrorismo e Isis”? Forse da parte dei mass media nazionali, fin troppo presi (magari giustamente) dalle barbarie commesse dai tifosi olandesi a Roma, e forse fin troppo presi nel registrare lo “scarica barile” sulle responsabilità degli avvenimenti nella Capitale. Più che “frenata”, almeno per quel che appare fuori dai luoghi dove si prendono decisioni importanti, si tratterà di “confusione” o “incertezza” o totale “assenza” di proposte su valide soluzioni al pericolo esistente e annunciato in tutte le salse da parte dei jjhadisti. D’altra parte il problema “sicurezza” si è mostrato a 360 gradi con gli incidenti provocati da gruppi di teppisti stranieri giunti tranquillamente sul suolo italiano con il pretesto di una bella partita di calcio.
L’interesse delle forze internazionali è puntato sulla Libia: riunioni a Parigi dei ministri degli Esteri del gruppo Med, mentre il premier Matteo Renzi, in una trasmissione di Rai 2 torna a esprimere la sua opinione sulla complessa problematica, rassicurando (chi?) con l’affermazione “L’Italia è un grande Paese in condizione di affrontare qualsiasi tipo di minacce. . . L’Italia è forte ed in condizione di reggere ma non intende avviare avventure belliche“. Tutti parlano, infatti, di “via diplomatica”: c’è da capire con chi si dovrebbe aprire questa “via diplomatica”. Forse con chi ha declamato “stiamo arrivando a Roma”?
Le Procure della Repubblica in Sicilia seguono con attenzione la tematica “terrorismo e terroristi” monitorando l’arrivo in Sicilia dei flussi di migranti. Giovanni Salvi, procuratore capo della Repubblica di Catania, ha dichiarato a Raffaella Cosentino sul quotidiano La Repubblica: “La presenza di uomini armati sui barconi per riprendere le imbarcazioni e impedirne il sequestro è un fenomeno totalmente nuovo e un segno di allarme molto significativo sul cambiamento della situazione in Libia e delle modalità del traffico di esseri umani“. Come è stato fatto notare, la Procura della Repubblica di Catania è un punto di osservazione privilegiato su quanto accade nel Mediterraneo. Da qui vengono coordinate da anni le operazioni di contrasto al traffico di migranti con una task force investigativa, operante nella Sicilia Orientale, che vede impegnate le autorità italiane e l’agenzia delle frontiere Frontex. Il magistrato Anna
Canepa della Direzione Nazionale Antimafia, afferma: “Le vicende libiche preoccupano perché questi uomini che vengono trafficati sono merce di scambio e quindi sono uno dei grandi introiti delle organizzazioni criminali, a questo punto anche terroristiche: sono essenziali le sinergie operative da parte delle autorità giudiziarie a livello europeo, perché l’Italia è solo un territorio di transito“. Dall’altra parte della Sicilia, a Palermo, la Procura ha istituito mesi addietro un pool di magistrati per occuparsi di terrorismo: le informazioni provenienti dai Servizi segreti, fonti confidenziali e racconti di disperati sbarcati nell’isola hanno suggerito l’opportunità di avviare un’attività di prevenzione. È l’attività di intelligence l’unica possibilità di contrasto alle infiltrazioni di terroristi sul territorio. Allo stato attuale vengono attenzionati alcuni gruppi di libici, siriani e tunisini che negli ultimi tempi sono stati localizzati a Palermo. Alcuni abitano stabilmente nel capoluogo regionale, altri vi hanno fatto solo tappa per trasferirsi altrove. Nel contempo l’intelligence si è attivata anche a Ragusa e Catania dopo avere raccolto i segnali di “simpatie” sospette per la “guerra santa e la jihad”. Nel fascicolo dei pm siciliani sono finite le foto scattate con cellulari che ritraggono uomini armati e bandiere nere. Fra le ipotesi investigative anche la possibile esistenza in Sicilia di un campo di addestramento per aspiranti jihadisti.
In un modo o in un altro, per una ragione o per l’altra, la Sicilia è sempre in prima linea. Giorni addietro a Catania la casuale presenza di mezzi blindati dell’esercito in pieno centro, in via Etnea e in piazza Manganelli all’inizio ha incuriosito i passanti, creando dopo una certa preoccupazione. Nessuna spiegazione da parte delle competenti autorità sulla sosta dei veicoli militari che, dopo diverse ore, si sono allontanati, probabilmente facendo ritorno ai loro reparti.